Perché Cina e Russia stanno comprando il 95% dell’oro? Chi lo sta vendendo?

 

 

 

 

Agosto 2016

(Afp)
(Afp)

Dopo la flessione di maggio, le banche centrali di Mosca e Pechino hanno confermato la ripresa dei loro febbrili acquisti di oro in giugno: 18 tonnellate la Russia, 15 tonnellate la Cina (in appena un mese). Solo l’anno scorso Pechino ha aumentato le sue riserve del 70%, Mosca del 18%: è solo questione di tempo prima che i due Paesi raggiungano e superino Italia e Francia nella classifica mondiale dei Paesi con le maggiori riserve aurifere. Nell’ultimo biennio gli acquisti combinati di Cina e Russia hanno infatti rappresentato il 95% di quelli di tutte le banche centrali del mondo. Ma perché questi due Paesi continuano ad accumulare oro? Ci sono banche centrali che lo stanno vendendo?

Addio dollaro, passiamo al lingotto
Intanto va premesso che il fenomeno non è nuovo. Dopo la crisi finanziaria mondiale del 2008 molti Paesi emergenti hanno iniziato ad acquistare il metallo giallo come “assicurazione” contro i Cigni Neri che si aggirano, minacciosi, sulle altre asset class. L’oro è infatti da sempre il re dei beni rifugio nelle fasi di volatilità. Ma dietro agli ingenti acquisti di Cina di Russia c’è soprattutto il desiderio di affrancarsi dallo strapotere del dollaro e delle sue oscillazioni, alle quali può contribuire la politica monetaria della Federal Reserve (quindi i capricci di Washington). Avere debiti denominati in dollari, come hanno quasi tutti i Paesi emergenti, espone a rischi enormi nel momento in cui a Washington qualcuno iniziasse seriamente un ciclo di rialzo dei tassi. Con 10 trilioni di titoli di Stato a tassi negativi, il momento della “normalizzazione” (se mai dovesse arrivare) sarebbe duro per tutti. Ma l’oro rappresenta anche un’assicurazione contro la deflazione, che sta aggirandosi minacciosa in Europa e in Giappone

I forzieri americani sono cinque volte quelli russi
Certo, le riserve auree di Pechino e Mosca sono ancora lontane da quelle dei Paesi occidentali. Gli Stati Uniti hanno oltre 8100 tonnellate di metallo giallo, più di cinque volte quelle russe. Seguono a enorme distanza la Germania (3380 tonnellate), il Fondo monetario internazionale (2800), l’Italia (2452) e la Francia (2436 tonnellate). La Cina è a quota 1800 tonnellate, la Russia a 1500. Se il ritmo degli acquisti restasse inalterato, secondo un’analisi di Market Watch Pechino e Mosca impiegherebbero altri sei anni per raggiungere Italia e Francia.

Vende solo chi rischia la bancarotta
Ma Cina e Russia non sono sole: l’accumulo di oro è un dato di fatto generale. Sono sei anni consecutivi che le banche centrali riempiono i forzieri, e come nota Thompson Reuters gli acquisti dell’anno scorso (483 tonnellate complessive, con Pechino in prima linea) sono stati i secondi più imponenti dal 1971, l’anno della fine della convertibilità del dollaro in oro.
Chi vende il metallo giallo lo fa perché ha davvero l’acqua alla gola. E’ il caso del Venezuela, in ginocchio per il crollo del prezzo del petrolio: l’anno scorso Caracas ha liquidato il 43% delle sue riserve auriferee per ripagare i debiti esteri. Ma in giro per il mondo, da Washington a Berlino, da Roma a Parigi passando per Tokyo, il resto delle banche centrali non lascia uscire un lingotto dai forzieri. In un mondo con tassi a zero, che non cresce e non crea inflazione, l’oro brilla sempre di più.