Crisi d’impresa: i dottori commercialisti umiliati e sacrificati a mero ruolo di scriba

Crisi d’impresa:

i dottori commercialisti umiliati e sacrificati a mero ruolo di scriba

Non riservare ai dottori commercialisti un ruolo di primo piano tra i soggetti destinati a svolgere, su incarico del Tribunale, le funzioni di gestione e di controllo nell’ambito delle procedure concorsuali significherebbe umiliare la professione in nome della spartizione di compiti e competenze a favore di organi, organetti e organismi, nominati e non meglio formati, facenti parte di quel mondo di mezzo il quale svilisce, vanifica e lede la dignità  delle competenti figure professionali peraltro precostituite oltre che l’espressione meritocratica.

I dottori commercialisti (le lettere minuscole non sono per caso) sono, per definizioni, professionisti vocati a svolgere il ruolo e ciò in forza di un percorso di studi ministeriale il quale continua per altri tre anni con lo svolgimento della pratica professionale presso un professionista abilitato culminando infine con il superamento di un esame di stato, alla prima sessione utile, quindi con l’agognata iscrizione presso l’ordine professionale provinciale di appartenenza nella illusoria convinzione di essere giunti sull’olimpo.

Al compimento di tali periodi, viene affermato, si diventa economisti e commercialisti e come tali idonei a svolgere la professione e le funzioni ordinamentali proprie in ambito fiscale, tributario, fallimentare, societario, successorio, aziendale, manageriale, etc..

Niente di più ipocrita, da quel momento in poi si chiude con il passato di studenti e praticanti e si schiude un’altro percorso, quello della formazione professionale continua (Long Life Learning, direbbero gli inglesi, dai quali abbiamo mutuato, e continuiamo a mutuare, solo i termini e non anche i costumi) per poter aspirare nell’inserimento nel mondo, delle professioni si direbbe in gergo, no!, delle iscrizioni negli elenchi, liste e graduatorie le più disparate sparse, più o meno, qua e là, fra preture, tribunali, corti di appello, sezioni fallimentari, sezioni dell’esecuzioni immobiliari, commissioni tributarie, degli amministratori giudiziali, e chi più ne ha più ne metta, con procedure da metà 900, costose e snervanti per il mantenimento delle quali, annualmente, occorre dimostrare l’acquisizione di  CFP utili per tutte le branche si potrebbe a buon ragione pensare, niente affatto!, per ogni ambito funzionale per partecipare, al lavoro verrebbe da dire ragionevolmente, niente affatto!, al sorteggio, mediante un sistema di algoritmi peraltro costruiti su criteri ignoti, di una rosa di nomi, da nominare verrebbe da dire, niente affatto!, dai quali individuare uno o due o tre professionisti…. finalmente….. da nominare a svolgere le funzioni proprie.

Nella delega per la riforma in discorso, in perfetta sintonia con quanto appena esposto, si vuole istituire (ancora) altro elenco, presso il Ministero di Grazia e Giustizia, per la cui iscrizione sono richiesti requisiti di professionalità, indipendenza ed esperienza, peraltro posseduti e ciò in forza di un percorso di studi di 18 anni, di un tirocinio di ulteriori tre anni e di un superamento dell’esame di STATO, il quale abilita all’esercizio della professione insita e propria per l’essere un professionista degno di tale appellativo a presidio del quale vi è la sezione disciplinare degli ordini di appartenenza, e scusate se è poco.

 

QUESTE LE CRITICITÀ DELLA RIFORMA DEL  DIRITTO FALLIMENTARE SECONDO L’ANC e non solo

L’Associazione Nazionale Commercialisti, con un comunicato stampa del 22 marzo 2017, ha espresso alcune perplessità nei confronti delle modifiche apportate dal ddl recante la “Delega al Governo per la riforma delle discipline della crisi di impresa e dell’insolvenza”.

Precisamente:

Dopo l’approvazione da parte della Camera dei Deputati, il disegno di legge, recante la “Delega al Governo per la riforma delle discipline della crisi di impresa e dell’insolvenza”, attende l’ok del Senato sul testo, che definisce:

  • i principi fondamentali per la riforma organica delle procedure concorsuali e della disciplina sulla composizione delle crisi da sovraindebitamento;
  • le misure urgenti per la ristrutturazione industriale di grandi imprese in stato di insolvenza;
  • la revisione del sistema dei privilegi e delle garanzie,

la richiamata Associazione Nazionale Commercialisti ha sollevato alcune perplessità  con riferimento alla “segnalazione dello stato di allerta” e alla “individuazione dei soggetti destinati a svolgere le funzioni di gestione e di controllo nell’ambito delle procedure concorsuali”, su incarico del Tribunale.

La ri(de)forma prevede che siano esclusivamente gli Organismi di Composizione della Crisi (!), istituiti presso ciascuna Camera di Commercio, ad assistere il debitore nella procedura di composizione assistita  mediante un collegio composto da almeno tre esperti da individuarsi tra i soggetti iscritti all’Albo, dei dottori commercialisti ragionevolmente verrebbe da dire, niente affatto!, in un istituendo Albo Ministeriale (della Giustizia) al quale accedono, liberamente i professionisti iscritti agli ordini verrebbe da dire, niente affatto!, i professionisti con requisiti di professionalità, indipendenza ed esperienza col che si afferma che negli Albi vi sono professionisti, indegni, inesperti e incompetenti?… a noi l’ardua sentenza.

Non solo, la nomina dei tre professionisti, indipendenti ed esperti, appare essere oggetto di una equa distribuzione di poteri, salvo evidentemente la sezione specializzata del Tribunale, sulla quale “nulla quaestio” :

  • uno dal presidente della sezione specializzata del Tribunale del territorio (istituzione repubblicana)
  • uno dalla camera di commercio (poteri elettivi)
  • uno dalle associazioni di categoria (poteri elettivi)

L’Associazione (ma ancor più rappresentativamente e doverosamente sarebbe dovuto essere il Consiglio Nazionale dei Commercialisti Dottori Commercialisti), afferma la inopportunità del riconoscimento agli Organismi di Composizione della Crisi istituiti presso le Camere di Commercio, determinando di tal guisa una ingiusta esclusione di tutti gli altri OCC a loro volta inclusi peraltro nell’albo istituita presso il Ministero della Giustizia”.

A parere di chi scrive, inoltre, ingiusta si appalesa essere la ulteriore istituzione di un Albo ministeriale nel quale far confluire professionisti di per se parte di un albo professionale Istituzionale al quale si accede mediante il superamento di un esame di stato abilitante alla professione, della quale si ha bisogno, per essere la medesima vocata per le funzioni sottese ossia quelle specifiche competenze atte a svolgere le funzioni di gestione e di controllo nell’ambito delle procedure concorsuali; e non solo.

Cari colleghi, non ci resta che piangere, e indignarsi!

Lecce, Milano 28/03/2017

Crusi&Partners