LA TRASFORMAZIONE DI SOCIETA’ IN TRUST

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LA DELEGA DELLA RIFORMA E LA DOTTRINAA FAVORE DELLA TRASFORMAZIONE DI SOCIETA’ IN TRUST

A conforto di tale tesi soccorre meglio il ben argomentato Studio n. 17-2013/I del Consiglio Nazionale del Notariato col che esplicita il carattere estensivo della norma al contrario dell’evidente carattere repressivo della sentenza in esame, in relazione alla quale, non mancheremo di tratteggiare alcuni aspetti non del tutto condivisibili, specie nella parte in cui essa esalta il carattere impossibile della trasformazione in trust liquidatorio a tutto detrimento del valente carattere socio-economico della norma alla luce anche dell’indiscussa mutabilità causale dell’ente in trasformazione desumibile tanto dalla ammissibile regressione in un ente diverso come la Comunione d’Azienda, la Fondazione o la Associazione Non Riconosciuta quanto specularmente dalla ammissibile progressione di quest’ultime in società con la sola eccezione per l’Associazione non Riconosciuta, la quale, in sede di trasformazione eterogenea progressiva, deve guadagnare il riconoscimento.

Preliminarmente, val la pena di ricordare, in questa sede, che l’art. 7 della Legge Delega , per la riforma societaria, segnatamente in tema di trasformazione, detta alcuni principi fondamentali tali da essere tenuti in debito conto in sede di stesura dell’articolato, quali, la Semplificazione, il Favor procedurale, la Economicità, le Condizioni e i Limiti delle stesse, nonché, la tutela tanto dei creditori, ai quali è consentito proporre opposizione, quanto dei soci di minoranza dissenzienti, ai quali è consentito loro il recesso, elementi questi, idonei a favorire la trasformazione, e, a tutela della quale, peraltro, viene chiamata in soccorso la norma sulla continuità dei rapporti giuridici ex art. 2498, terzo comma, ultima parte, c.c., chiarendo altresì, che la continuazione afferisce tanto i rapporti processuali dell’ente trasformato quanto una eventuale procedura concorsuale vigente al momento della trasformazione salve le ipotesi concrete di conflitto con le finalità o lo stato della procedura. Allo stesso modo, la relazione di accompagnamento alla Legge Delega, per esigenze di economia degli atti negoziali, incoraggiava la realizzazione di una procedura di trasformazione in un unico procedimento con unico passaggio, e, per tal cagione, insisteva per la permanenza, in capo all’ente trasformato, dei diritti e obblighi e ciò in aderenza a orientamenti, anche giurisprudenziali, i quali, insistono sulla opportunità di una siffatta trasformazione quale strumento generale di risoluzione dei conflitti nelle operazioni di cambiamento della forma giuridica delle imprese.
La sentenza in esame, pare non soffermarsi sul carattere innovativo ovvero estensivo della riforma in ambito di trasformazione eterogenea regressiva, tanto si desume dalla asettica e rigida applicazione dell’art. 2500-secties nel cui novero delle fattispecie non emerge il dato letterale del trust e tanto, come di tutta evidenza, non a fini preclusivi, che tanto si desume non emergendo espressi divieti dell’istituto, quanto piuttosto per non essere stato oggetto di alcuna valutazione, avvenuta la quale, ragionevolmente, una posizione in quel senso sarebbe dovuta emergere. In fatti, una attenta rilettura della relazione di accompagnamento alla legge delega per la riforma del diritto societario del 3 ottobre 2001, n. 366, conferma la esattezza della interpretazione qui operata nella parte in cui il Legislatore tanto nella trasformazione omogenea quanto in quella eterogenea si limita a disciplinare le fattispecie più significative e ampiamente diffuse come, all’epoca, non poteva certamente essere il trust a distanza di dopo poco più di 10 anni dal suo ingresso nel nostro ordinamento, non precludendo espressamente all’interprete la facoltà di regolamentare altre ipotesi consimili come appunto da società in trust e viceversa o da società di persona in società di persona e viceversa .

In definitiva, le trasformazioni tanto esse omogenee quanto eterogenee hanno indefettibilmente un connotato in comune, a beneficio del quale, illuminatamente, il Legislatore, ha saputo confermare, non a caso, nel primo articolo dedicato alla trasformazione, l’Art. 2498 C.C. afferente la continuità dei rapporti giuridici, col che, l’ente trasformato, de plano è gravato di tutti i diritti e di tutti gli obblighi proseguendo viepiù tutti i rapporti, anche processuali, dell’ente, ivi compreso, come già accennato, eventuali procedure concorsuali in atto ove indefettibilmente non confliggenti con lo stato della procedura

A parere di chi scrive, le attenzioni del giudicante, nella sentenza in commento, evidentemente, sono state orientate non già ad una visione estensiva della trasformazione eterogenea regressiva in trust, in aderenza peraltro alla stessa ratio della Delega, quanto piuttosto a una visione repressiva alla luce del fatto che la trasformanda società (già in liquidazione) prevedeva la regressione in trust liquidatorio, il quale, ad avviso di chi scrive, non rileva affatto se liquidatorio o meno, peraltro più volte oggetto di arresto non ultima la sentenza n. 8851/2013 V.g. del Tribunale ordinario di Milano Sezione specializzata in materia di impresa, il quale non ammette la cancellazione della società dal registro ex art 2495, tanto da decretarne la cancellazione dell’iscrizione della cancellazione ex art 2191 c.c., allorché la liquidazione fosse avvenuta mediante la cessione dell’intero patrimonio societario al trust, ritenendo, di tal guisa, nulla la cancellazione della società dal registro imprese difettando del requisito di cui all’Art. 2492 c.c. ossia per inidoneità del documento del bilancio finale di liquidazione, approvato e depositato, ma, ritenuto essere apparente presentando esso solo il nomen juris e non anche ad substantia. Continua….

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