ILLUMINANTE ORDINANZA DELLA SUPREMA CORTE N° 1715 DEL 24 GENNAIO 2018.

CC SENT. N. 1715 DEL 24/0172018 DEDUCIBILI I COSTI NON SUFF DOCUMENTATI

COMMENTO 

SI ALLA DEDUCIBILITA’ DEI COSTI INSUFFICIENTEMENTE DOCUMENTATI LADDOVE NON SIA PROVATO L’ELEMENTO CHE DI FATTO CARATTERIZZA LA FRODE OVVERO LA CONSAPEVOLEZZA DEL CONTRIBUENTE DELLA FRODE FISCALE POSTA IN ESSERE DAL FORNITORE (cfr. CC, Sez. 5, Sent. n. 24426/2013).

La sentenza in esame assume, nel panorama della lotta all’evasione e del conseguente reato connesso di autoriciclaggio di denaro, triplice valenza laddove si consideri che tanto i giudici del merito quanto quelli Supremi di leggitimità addivengono alla medesima decisione censurando di fatto e di diritto l’assunto dell’Agenzia delle Entrate nella parte in cui assume, sic et simpliciter, la non deducibilità di costi insufficientemente documentati, e come tali soggettivamente inesistenti, denunciando la violazione e falsa applicazione dell’Art. 21 del D.P.R. n. 633/72, dell’Art. 2697 del C.C., dell’Art. 75 (ora 109) co. 1 del D.P.R. n. 917 del 1986 meglio noto come TUIR;

In vero, partendo da una disamina degli articoli contestati dall’amministrazione finanziaria segnatamente l’Art. 21 del D.P.R. n. 633/72 si desume da subito che non vi è traccia di alcun obbligo di documentazione o giustificativo posto a corredo delle fatture di operazioni passive tampoco ne fa menzione nei tanti elementi obbligatori essenziali di cui deve essere dotata una fattura.

Sfuggono elementi di pregio giuridico nella formulazione dei motivi di ricorso dell’amministrazione finanziaria in ordine alla asserita violazione o falsa applicazione dell’Art. 109 del TUIR, al quale, semmai, tanto il fornitore di tale operazione passiva quanto il contribuente in accertamento si sarebbero ispirati pedissequamente l’uno in sede di emissione del documento l’altro in sede di contabilizzazione di dette contestate operazioni passive.

Non si può far a meno di notare come l’amministrazione delle Entrate fugga dal suo dovere peraltro impostogli dal legislatore con il gravame dell’onere della prova ossia di provare i rilievi mossi al contribuente giusta l’Art. 2729 del C.C, il quale, si badi bene, di norma, di per sé, non può essere utilizzato dall’Amministrazione Finanziaria per rettificare il reddito imponibile di un contribuente necessitando al contempo di essere corroborato di ulteriori e ineludibili elementi indiziari quali la Gravità, la Precisione e la Concordanza della presunta evasione peraltro lasciata al vaglio giuridico e al prudente apprezzamento del giudice come il caso in esame dimostra indefettibilmente dal momento che tali elementi sfuggono del tutto.

A nutrimento del lettore va ribadito che ove il legislatore avesse ritenuto indispensabile, ai fini di indagine tributaria, gravare ulteriormente di elementi la compilazione di una fattura o altrimenti corredarla di documentazione o giustificativi a supporto dell’operazione passiva non avrebbe avuto impedimenti di sorta sicché le contestazioni degli accertatori della soggettiva inesistenza di operazioni passive perché insufficientemente documentate risulta gratuita e non può trovare accoglimento in uno stato di diritto poscia regolamentato da Leggi, Decreti e Regolamenti.

Orbene infine, la portata della decisione della Corte Costituzionale in commento stabilisce in vero un principio indefettibile, dall’ampia valenza, per il quale la soggettiva inesistenza delle operazioni passive affermata dagli accertatori richiede il suffragio quantomeno della consapevolezza, del contribuente sottoposto ad accertamento, che le operazioni ivi contestate si pongano nell’ambito di una più ampia operazione di frode fiscale posta in essere dalla controparte.
Milano – Lecce, li 07/02/2018
Dr. Vincenzo Crusi